History, art and culture
Jessica.Maggi

Tutto quello che c’è da sapere su Salvador Dalí, prestigiatore dell'assurdo

Prestigiatore dell'assurdo, demiurgo di mondi paradossali e padre del surrealismo, Salvador Dalí ha sempre fatto parlare di sé per le sue bizzarrie, le sue provocazioni, il suo sguardo stralunato, le sue manie e il suo spropositato egotismo. Tra i più innovativi e influenti artisti del Novecento, nonché uno dei personaggi più eclettici di tutti i tempi, Dalí fece della propria vita la più surrealista delle opere. Dall'avversione verso l'ordinarietà all’ossessione per l’onanismo, scopri tutto quello che c’è da sapere su Salvador Dalí.

Terrore della mediocrità

Dalí era terrorizzato dalla mediocrità, dalla noia e da tutto ciò che fosse ordinario. Da qui scaturisce la sua necessità di dare continuamente spettacolo, fino a diventare maestro dell'arte dell'esagerazione. Dalí necessitava di essere stimolato visivamente in continuazione, anche attraverso la scelta di indumenti, look e accessori sopra le righe, sia suoi che altrui. La sua cerchia di amici sembrava provenire da una parata circense.

Nel 1936 si presentò all'International Surrealist Exhibition di Londra con due levrieri al guinzaglio e un improbabile scafandro da palombaro, per “dimostrare di immergersi a fondo nella mente umana”. Nel 1955 andò a Parigi sulla sua Rolls Royce bianca portando con sé mezza tonnellata di cavolfiori, semplicemente perché, a suo dire, attratto dalla “curva logaritmica” dell’ortaggio.

Iconici baffi all’insù

Oltre che per le sue doti artistiche, Dalí è noto per la sua personalità eccentrica e per il suo look fuori dagli schemi. Ancora oggi il suo iconico paio di baffi all’insù è il suo trademark e segno di riconoscimento più immediato.

Cifra inconfondibile dell’estetica daliniana, i baffi con le punte alle estremità arricciate si dice che siano ispirati a quelli del pittore sivigliano Diego Velázquez. Dalí dichiarò più volte che i suoi famosi baffi fossero in realtà antenne con cui poteva ricevere segnali alieni. Il teatro dell'assurdo.

La serie TV spagnola La casa di carta, diventata un vero e proprio cult negli ultimi anni, ha riportato in auge l’immagine del grande artista catalano con gli iconici baffi arricciati, che i protagonisti indossano come maschera.

Reincarnazione del fratello maggiore

Salvador Dalí venne al mondo l'11 maggio 1904 a Figueres, una pittoresca cittadina catalana nella provincia di Girona, non lontano dal confine con la Francia. Suo fratello maggiore, anch'egli di nome Salvador, morì prematuramente di meningite qualche mese prima della sua nascita. L’artista si convinse di esserne la reincarnazione.

Studente ribelle

Nel 1923 Salvador Dalí fu accusato di aver organizzato una protesta all'Accademia di belle arti di San Fernando a Madrid, finita con l'intervento delle forze dell’ordine. In seguito, dopo aver affermato che nessuno all’interno dell’accademia fosse abbastanza competente da poter giudicare la sua arte, venne espulso nel 1926.

Ispirazione da Picasso

Dopo l’espulsione dall’Accademia di belle arti di San Fernando a Madrid, Dalí si recò per la prima volta a Parigi, dove fece la conoscenza di Pablo Picasso, la cui arte lo influenzò assai negli anni successivi. Lo dimostrano le opere astratte Figura cubista e Accademia neo-cubista, entrambe realizzate nel 1926.

Espulsione dal movimento surrealista

Per la prima volta dopo l’impressionismo, Salvador Dalí aveva introdotto un nuovo modo di intendere la realtà, enfatizzando la dimensione onirica. Surrealista per antonomasia, al punto da arrivare ad affermare "il surrealismo sono io", il genio catalano fu, però, espulso dal movimento capitanato da André Breton nel 1934 quando si rifiutò di prendere posizioni politiche nette contro Hitler e Francisco Franco. Al fine di denigrarlo, da allora i surrealisti parlarono di lui solo al passato remoto, alla stregua di un defunto, e inventarono il famoso anagramma del suo nome che lo avrebbe inchiodato alla sua cupidigia, Avida Dollars.

Talento poliedrico

Il grande maestro catalano non si è limitato alla sola pittura. È stato anche un abile scultore, illustratore, scrittore, fotografo, grafico, cineasta, designer, scenografo, sceneggiatore e stilista.

Produsse 1500 opere tra dipinti, illustrazioni, litografie, incisioni, acquerelli, scenografie, olografie e sculture. Le più vaste collezioni di sue opere si trovano al Teatro-Museo Dalí di Figueres, in Spagna, al museo Dalí Paris di Parigi e al Salvador Dalí Museum di St. Petersburg in Florida, negli Stati Uniti.

Collaborò con artisti di ogni settore, tra cui il regista surrealista Luis Buñuel per la realizzazione del rivoluzionario cortometraggio Un chien andalou nel 1929. Strinse un sodalizio anche con le più grandi maison di moda di quei tempi, tra cui Elsa Schiaparelli, con cui creò accessori eccentrici, come il celebre cappello a forma di scarpa.

Volteggiò leggiadro anche nel settore della grafica. Fu proprio lui a ideare il logo dei Chupa Chups. Davvero. Nel campo del design, invece, realizzò una serie di dissacranti creazioni divenute virali, come il divano a forma di labbra giganti e il telefono con un’aragosta al posto della cornetta.

Uova e pachidermi

Molte opere di Dalí sono accomunate dalla presenza di pachidermi, personaggi particolarmente cari all’artista spagnolo, spesso rappresentati con strutture simili a obelischi sul dorso, con richiamo a un’opera di Gian Lorenzo Bernini che si trova a Roma, l’Obelisco della Minerva. Gli elefanti di Dalí sono, però, carichi di un simbolismo che si discosta nettamente dalla tradizione. Laddove il grande mammifero viene in genere associato a un’idea di forza e potenza, nelle opere del pittore catalano la monumentalità del pachiderma viene ridimensionata con l’inserimento di zampe esageratamente lunghe e sottili, che creano un senso di fragilità, squilibrio, instabilità e precarietà in stridente contrasto con la tradizionale immagine di un pachiderma.

Un altro simbolo ricorrente nelle opere di Dalí è l’uovo, collegato a immagini prenatali e all’universo intrauterino, a simboleggiare forse un senso di speranza.

Paesaggi desertici

Un altro elemento ricorrente nelle opere di Dalí sono i paesaggi della sua infanzia, contraddistinti perlopiù da altopiani desertici, campi e distese assolate. Li troviamo a fare da sfondo alla maggior parte delle sue opere più celebri, tra cui:

  • La persistenza della memoria, esposta al MoMA di New York;
  • Il volto della guerra, un’opera prodotta negli anni Quaranta ed ora esposta al Museum Boijmans Van Beuningen di Rotterdam, nei Paesi Bassi, raffigurante un volto scheletrico dalla pelle scura, corrugato da una smorfia di dolore, dai cui zigomi spuntano inquietanti serpenti e nelle cui orbite e nella bocca sono allocati dei teschi;
  • La tentazione di Sant’Antonio, conservata presso i Musées Royaux des Beaux-Arts de Belgique a Bruxelles,
  • La disintegrazione della persistenza della memoria, conservata al Salvador Dalí Museum di St. Petersburg, in Florida;
  • Morbida costruzione con fagioli bolliti, conservata nel Philadelphia Museum of Art, in Pennsylvania.

La villa Casa Ter, nell’estremità orientale della Catalogna, evoca in maniera evidente i paesaggi che popolano le opere surrealiste di Salvador Dalí.

Legame intenso e complesso con la moglie Gala

Nel 1934 Dalí sposò Gala, il cui vero nome era Elena Dmitrievna D’jakonova, una donna riservata, scaltra e intuitiva, nata a Kazan', in Russia, nel 1894. Dapprima sposa del poeta francese Paul Éluard e amante del pittore dadaista Max Ernst, Gala divenne subito indispensabile per Dalí.

La donna era riverita e profondamente amata dal pittore spagnolo, che nei suoi confronti maturò una dipendenza simile a quella di un infante con la figura materna. Quando lei non c’era, lo assalivano violente, destabilizzanti crisi d’ansia. Questo aspetto, oltre a riflettersi sulla sua produzione artistica, dà un ritratto che alla genialità dell’artista contrappone limiti umani.

Si conobbero nel 1929 e Gala divenne subito la sua amante e poi compagna, moglie, musa, dea e complice, nonché dispotica agente, manager e mercante d'arte.

Diseredazione

Dalí fu diseredato dal padre, che non accettò la relazione del figlio con una donna di origini russe, divorziata, di dieci anni più grande e madre di una figlia, Cécile, avuta con un altro uomo. In tutta risposta, l’artista, intenzionato a tagliare definitivamente i ponti con la famiglia di origine, porse al padre un preservativo con il suo sperma dicendogli “Tieni, ora non ti devo più nulla!”.

Animali da compagnia come opere d’arte

Foto d'epoca ritraggono Dalí a spasso per la Ville Lumière con al guinzaglio un formichiere. L'artista, eccentrico quanto versatile, non poteva certo accontentarsi di un comune animale domestico, come un cane, un gatto o un pesce rosso. Non stupisce che negli anni Sessanta adottò un ocelot colombiano, detto anche leopardo nano, simile nell’aspetto a un gatto ma la cui pelliccia ricorda quella di un giaguaro. A lungo l’istrionico artista spagnolo presenziò a eventi pubblici in compagnia del felino al guinzaglio, con un collare tempestato di diamanti.

Matrimonio spirituale con Amanda Lear

Nel 1965 a Parigi, in un locale di Rue Princesse chiamato Le Castel, Dalí conobbe Amanda Lear, una giovane studentessa e indossatrice franco-britannica. La giovane diventò per lui una musa da proteggere e trasfigurare nei suoi dipinti.

Pare che fu proprio lui a suggerirle di sfruttare a fini pubblicitari il suo fisico androgino, inusuale rispetto ai canoni di bellezza in voga all’epoca, e alimentare deliberatamente le dicerie che la volevano essere una donna transgender, al fine di suscitare curiosità e aumentare le vendite dei suoi album agli esordi della carriera da musicista. Tra loro si creò una stupefacente affinità, che la stessa Lear definì un matrimonio spirituale che durò una quindicina di anni.

Ossessione per l’autoerotismo

Una delle opere daliniane più intense e geniali, benché tra le più deliranti, si chiama Il grande masturbatore. Appartiene a una serie di pezzi di estremo potere allucinatorio, realizzati a cavallo tra gli anni Venti e Trenta. Pare che l’artista preferisse l’autoerotismo, il voyeurismo e il triolismo al contatto fisico diretto con le donne, per via, a dire di molti, del terrore di contrarre malattie veneree. C’è, invece, chi dice che la sua fosse solo omosessualità latente o repressa.

Pare anche che l’artista fosse perseguitato dalla paura di impazzire, forse a causa di disturbi psichiatrici di cui soffrirono suo nonno e uno zio.

Forti stati depressivi

Negli anni Ottanta Dalí fu costretto a ritirarsi dal mondo della pittura a causa di una grave forma di morbo di Parkinson che gli causava problemi di mobilità e forti tremori agli arti, impedendogli di impugnare e reggere un pennello o qualsiasi altro arnese. L’impossibilità di esprimere la propria creatività lo fece sprofondare in un vortice di rabbia e sconforto, ulteriormente inasprito dalla perdita della moglie Gala nel 1982. L’artista spagnolo fece ritorno alla sua cittadina natale, dove le sue condizioni di salute peggiorarono progressivamente fino al decesso il 23 gennaio 1989 all’età di 84 anni per insufficienza cardiaca mentre ascoltava Tristano e Isotta di Wagner.

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